Ci sono stati 180 voti favorevoli (dei quali 73 con proposta di modifica o integrazione al testo) e 25 contrari. È questo l’esito della votazione della mozione che ha concluso sabato 26 settembre, a Morbegno, l’Assemblea del Sinodo diocesano. Prima convocazione in presenza dopo i mesi del lockdown (che «hanno bloccato ma non interrotto il Sinodo», ha precisato il vescovo Oscar), passaggio cruciale per rilanciare il cammino dell’Assemblea sinodale. Il coronavirus, infatti, non ha semplicemente congelato i lavori sinodali, ma è stato a suo modo provvidenziale (una provvidenza naturalmente di cui avremmo fatto volentieri a meno…) per una rivisitazione critica del cammino fin qui percorso. Numerose criticità erano infatti emerse dal testo dell’Instrumentum laboris (ossia il documento-base che i sinodali dovrebbero discutere e approvare), frutto della consultazione diocesana e poi del lavoro delle sotto-commissioni: principalmente la sua eccessiva lunghezza e prolissità, dove la completezza nell’affrontare alcuni temi rischiava di scadere nella genericità. Non esattamente ciò che dovrebbe essere il discernimento sinodale,
paragonabile allo scatto del giaguaro che, dopo attenta ponderazione, si proietta con decisione su poche «prede», ben scelte e indispensabili alla sua sopravvivenza. Ecco allora la mozione del Consiglio di Presidenza, illustrata dal segretario don Stefano Cadenazzi, e sottoposta all’approvazione dell’assemblea sinodale: essenzializzare l’Istrumentum laboris, non tanto tagliandone dei pezzi, ma concentrandosi su un unico tema («misericordia e comunità cristiana»), a partire dal quale rivedere complessivamente il precedente testo. Una concentrazione che dovrà avere maggiormente la Parola di Dio come sorgente di discernimento e focus interpretativo. Senza perdere di vista l’originalità del nostro tempo (un kairòs divino, non dimentichiamolo), e facendoci prendere per mano dalla testimonianza luminosa dei due prossimi beati (suor Maria Laura Mainetti e padre Giuseppe Ambrosoli), che della misericordia di Dio non hanno fornito una trattazione teorica, ma hanno saputo tradurla in forme affatto concrete, storiche ed esistenziali.
La mozione, come detto, ha ottenuto l’approvazione dell’Assemblea sinodale. Sarà ora compito del Consiglio di Presidenza elaborare alcuni criteri («ricercare domande chiare e obiettivi precisi, in vista di linee-guida adattabili alla diversità culturale ed ecclesiale del nostro territorio») in forza dei quali i sinodali, riuniti nei diversi circoli territoriali di discussione e confronto, porteranno avanti questo discernimento concentrato su «misericordia e comunità». Ciò che confluirà dai circoli territoriali al Consiglio di Presidenza sarà poi organizzato da un comitato di redazione in un nuovo testo che andrà a sostituire l’attuale Instrumentum laboris, e sul quale si impernieranno le successive convocazioni dell’Assemblea sinodale. Per dare tempo a questo lavoro viene quindi annullata la convocazione dell’Assemblea già in calendario per il 24 ottobre. Il nuovo calendario verrà reso noto appena possibile. Prima della votazione conclusiva sono state presentate le 11 proposte di modifica e integrazione della mozione (12 in totale quelle pervenute) presentate prima dell’assemblea. Opportunamente è stato sottolineato come non si tratta tanto di accordare la misericordia alla comunità (operazione di carattere prevalentemente morale, a rischio di smarrire l’originalità cristiana della misericordia), quanto piuttosto di raccordare la comunità cristiana alla misericordia: operazione di carattere squisitamente teologico, che papa Francesco ci addita nell’Evangelii gaudium come una vera «conversione pastorale» delle nostre comunità. Dentro questo delicato passaggio del Sinodo, non poteva però certo sfuggire all’attenzione dei sinodali il momento particolare che la nostra Chiesa sta vivendo all’indomani dell’uccisione di don Roberto Malgesini. Destinata – come ha ricordato il vescovo Oscar in apertura dell’assemblea – a gettare nuova e decisiva luce su un Sinodo che ha per tema la misericordia. «Dio ci parla attraverso la storia del nostro tempo», ha sottolineato il vescovo, e «sta a noi di non lasciare indurire il nostro cuore, per saper cogliere in questo martire della carità una preziosa indicazione di contenuto e di stile».
Proprio sulla scia di quella sorta di «quinto vangelo» che sono i santi, don Michele Pitino ha quindi illustrato, in maniera breve ma molto efficace, un profilo dei nostri due prossimi beati.«Operazione non di nostalgia – ha detto – ma di staffetta, per raccogliere il testimone di chi ci ha preceduto sulla via della misericordia; non di imitazione, quasi un banale copia/incolla, ma di assunzione di responsabilità, per rimettersi in gioco nella ricerca di nuove strade». Suor Maria Laura e padre Ambrosoli ci aiutano a dare contenuto concreto a quella via di conversione pastorale tracciata dall’Evangelii gaudium di papa Francesco: una Chiesa povera per i poveri, in uscita
verso le periferie dell’umano, aperta e disponibile ad attraversare la complessità e la varietà di mondi diversi da quelli che desidereremmo, competente, capace di educare. Altrettanti stimoli preziosi per la continuazione del cammino sinodale.
don ANGELO RIVA per Il Settimanale #37