Affreschi sinodali (14)
Verso la conclusione e verso un nuovo inizio
Portare la Chiesa nella Misericordia
La prima cosa da fare – “In realtà la prima cosa da fare è alzare lo sguardo sul mistero di Dio e della sua misericordia, così come viene testimoniata nella storia della salvezza, perché è da questo sguardo credente che può derivare una vera e incisiva azione di riforma della Chiesa. Detto con uno slogan: non si tratta tanto di portare la misericordia (categoria morale) nella Chiesa, ma di portare la Chiesa nella Misericordia (categoria teologica, cristologica e trinitaria)”. Mi soffermo su questo passo del contributo di un prete alla sintesi del nostro sinodo inviata al coordinamento del cammino sinodale nazionale. L’invito, si legge ancora, “ce lo siamo ripetuto spesso, anche se non è stato facile tradurlo in realtà”. “Portare la Chiesa nella Misericordia” è un messaggio che ritorna mentre il Sinodo si conclude e offre i suoi frutti al Vescovo e alla Chiesa. Segnala una fatica incontrata, in parte superata e in parte rimasta. Indica alle nostre comunità cristiane “la prima cosa da fare” perché, abitandola, siano testimoni e annunciatrici della Misericordia di Dio.
L’amico ritrovato – Sabato 21 maggio si terrà a Morbegno l’assemblea chiamata ad esprimersi con il voto sul documento finale che verrà consegnato al Vescovo come un patrimonio di pensieri e proposte da cui potrà trarre elementi per definire le priorità pastorali da indicare alla comunità diocesana. “Nei momenti conclusivi di ogni esperienza – scrive un sinodale – ci sono sempre due sguardi che si incrociano: uno rivolto al percorso compiuto, l’altro rivolto al percorso che si apre. Ogni sinodale potrà fare questo esercizio, potrà costruire un ponte tra passato e futuro, potrà cogliere le luci e le ombre. Vivrà un senso di incompletezza e insieme vivrà la gioia di un’avventura che gli ha consentito di riscoprire l’opera silenziosa ed efficace dello Spirito. Non era scontato l’incontro con lo Spirito, è stato l’incontro con l’amico ritrovato. Rinnovare lo stupore per questa presenza nella vita di tutti i giorni è uno degli inviti più grandi che il Sinodo lascia: è il passo giusto per continuare il cammino”.
Continuare l’allenamento – “Il metodo del discernimento, personale prima e comunitario poi, è stata una proposta molto affascinante. L’entusiasmo si è scontrato con i nostri limiti, limiti di una Chiesa poco allenata a viverlo. Non è stato facile identificare con chiarezza linee di pensiero così come direzioni e proposte prevalenti, che emergevano via via in modo più netto nell’avanzare del lavoro di discernimento”. Così scrive una sinodale commentando il percorso sinodale compiuto. “L’applicazione del metodo per poter dare frutti più efficaci – aggiunge – richiederebbe un grande esercizio da parte dei partecipanti, seguiti, condotti e aiutati da persone con esperienza”. La debolezza di questo esercizio ha portato a volte a limitarsi a una lettura della realtà più che ad avere una visione profetica. Occorre allora continuare l’allenamento: dal Sinodo viene questo invito alla comunità cristiana perché sia profetica. Rivolto a un Consiglio pastorale l’invito si fa caloroso.
Nessun cammino sarà lungo – “Questo incontro avrà come obiettivo la stesura di un primo documento di lavoro, generato dalle narrazioni diocesane e frutto del discernimento di tutti, che verrà poi affidato ai vescovi e ai vostri delegati durante l’Assemblea Generale Cei di maggio per una loro riflessione e facilitare così una circolarità tra i vari territori. A settembre, infatti, il Cammino sinodale entrerà nel secondo anno di ascolto”. Così mons. Erio Castellucci, Referente per l’Italia del Sinodo dei Vescovi, presenta il secondo incontro dei referenti diocesani per il Cammino sinodale delle Chiese in Italia che si terrà a Roma dal 13 al 15 maggio. Una prima sintesi di quanto emerso dall’esperienza di ascolto nel nostro Sinodo diocesano è stata inviata al Gruppo di coordinamento nazionale grazie ai contributi di Facilitatori dei Circoli e Referenti delle Commissioni sinodali. Si valuteranno tempi e modalità per questa esperienza. Nel frattempo vale la pena ricordare che “accanto agli altri nessun cammino sarà lungo”.
Paolo Bustaffa
(pubblicato sul n. 19 de “Il Settimanale della Diocesi di Como” del 12 maggio 2022)