Presentazione
Nell’omelia per l’inizio del suo ministero petrino (18 maggio 2025), papa Leone XIV ha ripetutamente evocato l’immagine evangelica del lievito come icona della Chiesa missionaria. «Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato. In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace».
In queste parole ci sono anche la storia e il senso del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. In questi quattro anni, ci siamo ispirati al magistero di papa Francesco che, fin dall’inizio del percorso sinodale universale, ci esortò – richiamando Yves Congar – a fare non un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa, «aperta alla novità che Dio le vuole suggerire», invocando «con più forza e frequenza lo Spirito» e camminando «insieme, come Lui, creatore della comunione e della missione, desidera, cioè con docilità e coraggio» (Francesco al Sinodo 2021).
Una Chiesa in cammino, in ascolto, senza pretese di superiorità, con la sola preoccupazione di accogliere il Vangelo e annunciarlo al mondo. Una Chiesa missionaria lievito di pace e di speranza. Non è altro che l’eco della brevissima e folgorante parabola di Gesù: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata» (Mt 13,33; cfr. Lc 13,20-21). Gesù, quando vuole dare un’idea del Regno di Dio, non evoca mai immagini di potenza umana e divina, ma propone quadretti di vita lavorativa e domestica. Qui il Signore sembra paragonarsi a una massaia, che mescola il lievito alla pasta, seguendo il giusto dosaggio, e sa attendere il risultato. Il lievito, di per sé, è il Regno, che la donna mescola alla farina. I discepoli non sono però semplici spettatori dell’impasto di Dio, ma vi collaborano, assumendo lo stile del Regno, le beatitudini (cfr. Mt 5,1-12). Una Chiesa che si lascia plasmare dal Vangelo, in questa stessa opera di conversione diventa con ciò stesso “germe e inizio” del Regno (cfr. LG 5), fermento e lievito di unità, di concordia, di speranza e di pace.
Il continuo richiamo di papa Leone XIV alla pace, fin dalle sue prime parole dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro la sera dell’elezione – «La pace sia con tutti voi!» – risponde alla missione più urgente della Chiesa di oggi: essere lievito di pace, insieme a cristiani e non cristiani, credenti e non credenti, che si fanno operatori di pace in un mondo percorso da violenze che si speravano archiviate. I numerosi conflitti armati, oggi specialmente in Ucraina e in Terra Santa, sono entrati nelle case e nelle coscienze della gente del nostro Paese, creando incredulità, sconcerto, dolore, senso di impotenza, sdegno. La violenza inaudita, soprattutto verso persone fragili, deboli e inermi, in aperta violazione del diritto internazionale umanitario, ha raggiunto livelli impensabili. E ha sollevato il coperchio sulle altre decine di conflitti armati, tra cui quelli “dimenticati” o “ignorati”, e sulle tante violenze, ingiustizie e sopraffazioni che continuano a segnare la nostra epoca. Le crisi planetarie non si contano più e si intrecciano tra di loro in modo inestricabile, tanto che cause ed effetti si rincorrono: povertà, fame, malattie, sfruttamento del creato, sfollamenti, migrazioni e terrorismo… sono alla base di tanti conflitti e nello stesso tempo sono crisi aggravate da essi. Il Card. Matteo Zuppi, introducendo la Professione di fede dei giovani italiani radunati per il Giubileo in piazza San Pietro il 31 luglio 2025, ha ricordato le «croci costruite follemente dagli uomini che fabbricano armi per uccidere» e che «distruggono quello che fa vivere, anche gli ospedali. La Chiesa è sotto la croce con gli occhi pieni di lacrime e il cuore ferito per tanta enorme sofferenza, insopportabile per una madre come deve esserlo sempre per l’umanità tutta».
Il Sinodo universale e il Cammino sinodale delle Chiese in Italia si sono mossi all’interno di questo scenario mondiale, non come “bolle” salubri e immuni, ma come fermento e lievito che si mescola alla pasta. I cristiani non sono “un altro genere” rispetto alle donne e agli uomini del loro tempo. Ne respirano i problemi e le risorse, ne vivono gli stessi drammi e le stesse opportunità. Le nostre Chiese sono sempre alla ricerca della pace anche al loro interno: le divisioni tra i cristiani, rese ancora più brucianti dalla celebrazione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, con il suo “Credo” professato da tutte le confessioni cristiane, depotenziano le qualità del lievito. E, per restare nel contesto dei cattolici italiani, la divisione tra chi sogna una riedizione pura e semplice della “cristianità”, ormai definitivamente tramontata, e chi cerca invece una postura ecclesiale adatta alla società di oggi, crea tensioni e incomprensioni dannose per la comunione e la missione. Il Cammino sinodale intende porsi, umilmente, come strumento per recuperare nella Chiesa la concordia nelle cose essenziali, la libertà nelle cose dubbie che richiedono ulteriori riflessioni e la carità in tutte. Solo così possiamo essere lievito di fraternità, lasciandoci davvero “inquietare” – come dice papa Leone XIV, figlio di Sant’Agostino – dalla storia, dai volti, dalle vicende, dalle gioie e dai dolori che vediamo e viviamo oggi.
Nel Messaggio urbi et orbi per la Pasqua 2025, la vigilia della sua morte, papa Francesco aveva detto: «Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile!». Ha così collegato il “Giubileo della speranza”, da lui voluto, con il grido di pace che si leva dal mondo intero. La Chiesa italiana impegnata nel Cammino sinodale ha poi ricevuto da papa Leone XIV, il 17 giugno 2025, il mandato di lavorare affinché «ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione».
Il documento che segue è intriso di esperienze di pace e di speranza. Pur tra tante fatiche, riporta la realtà di oltre duecento Chiese locali, con tutte le loro articolazioni, impegnate a vivere e trasmettere speranza e pace: spesso senza farsi notare, senza “fare notizia”, ma sempre con tenacia e cura evangelica. Le nostre comunità cristiane non sono allo sbando: benché provate da tante situazioni faticose e tentate a volte dallo scoraggiamento, vivono come “piccolo lievito” di fraternità, attente soprattutto alle persone rimaste o lasciate ai margini. La pace e la speranza per noi non sono sogni lontani, ma hanno la carne e il volto del Signore Gesù morto e risorto: «Egli è la nostra Pace» (Ef 2,14) e «la nostra Speranza» (1Tm 1,1).
+ Erio Castellucci
Presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale

