“Testimoni di misericordia”
Cattedrale di Como, 26 novembre 2022
Il brano evangelico appena proclamato (Mt 28, 16-20) ci aiuta a metterci nelle giuste disposizioni per accogliere il libro “Testimoni di misericordia”, che verrà distribuito a conclusione di questa Eucaristia. Successivamente sarà presentato, in appositi incontri già programmati, in diversi luoghi della diocesi, quale risposta al nostro Sinodo XI, che insieme abbiamo avuto la grazia e la responsabilità di celebrare.
E’ bene ricordare che questa pubblicazione (Testimoni di misericordia) non è da tenere in biblioteca o solo per documentare l’esperienza sinodale che abbiamo avuto l’occasione di condividere in questi anni.
È piuttosto uno “strumento di ripartenza”, di carattere popolare, quindi non per tecnici, o per soli addetti ai lavori, con indicazioni operative per i discepoli di ogni età, che vogliono vivere in fedeltà a Cristo, ossia come missionari della misericordia, suoi testimoni e annunciatori.
Torniamo, quindi, al testo evangelico.
Si tratta della scena finale di Matteo, quando Gesù manda in missione i suoi discepoli verso tutti i popoli e fino alla fine del mondo. Li assicura che Egli sarà con loro, tutti i giorni e per sempre.
Gesù definisce fin da subito la caratteristica inderogabile della missione cristiana: essa potrà svolgersi solo nella misura in cui i discepoli vivranno una profonda, esemplare comunione tra di loro.
Si osservi che Gesù non ha detto a un singolo discepolo: “vai e fai discepoli“, non ha mai mandato nel mondo un discepolo da solo, ma sempre almeno in due. “Andate e fate discepoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Gesù invia quindi i discepoli a due a due. Non si tratta solo di un sostegno reciproco. Gesù vuole che la missione dei discepoli sia caratterizzata dalla forza di Dio dentro la debolezza dell’uomo.
Li manda perciò disarmati, senza protezioni, senza mezzi, esponendoli anche alla possibilità del martirio. “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi” (Lc 10,3).
L’unica condizione che Gesù richiede dai suoi discepoli in missione è l’amore fraterno, la cura reciproca, la comunione. L’andare a due a due, insieme, anche senza predicare, è già un forte segnale di comunione fraterna.
La testimonianza della nostra comunione, infatti, è lo scopo, il fine della missione della Chiesa. È frutto dell’amore reciproco, quello che Gesù ha acceso fra i suoi discepoli lavandoci i piedi, parlandoci del Padre e rimanendo in mezzo a noi.
La comunione è l’amore trinitario tra il Padre e il Figlio nel dono dello Spirito Santo che è irradiante per natura.
La comunione si comunica. La missione è per sua natura comunicazione. Senza comunione non c’ è missione.
Come Gesù è venuto nel mondo per diffondere nella nostra umanità la comunione trinitaria, così noi siamo inviati da Gesù risorto nel mondo per annunciare, in modo esplicito e gioioso, che Dio è misericordia. Questo è il nostro compito, senza accontentarci di restare all’interno delle sole nostre comunità, rivolti quindi con attenzione verso il mondo che ci circonda, la più parte secolarizzato, e spesso già all’interno della nostra famiglia, o dentro il nostro ambiente di lavoro o di studio, a volte si tratta anche dei nostri amici!
La missionarietà (dunque il nostro essere tutti inviati da Gesù risorto) ci coinvolge da vicino, perché anche noi, in quanto battezzati, tocchiamo con mano la incapacità della nostra società nel sottolineare la dimensione spirituale, che è parte costitutiva della nostra umanità. Siamo spesso addolorati nel riconoscere la estraneità di tanta gente alla gioiosa notizia di Dio Trinità, misericordia, la lontananza, soprattutto dei giovani dalle nostre assemblee liturgiche. Nessuno può rimanere tranquillo o demandare agli altri quello che invece è compito di ciascuno: essere testimone lieto della misericordia di Dio.
La testimonianza della nostra comunione esige sempre, però, il passaggio doloroso dall’io al noi.
Ha bisogno di una adesione non solo formale, ma interiore, esige una conversione profonda, una trasformazione pasquale. Essa avviene quando si accoglie il sapiente consiglio di s. Benedetto, il quale, nella sua Regola, sottolinea che: “i fratelli esprimano il loro consiglio con tutta umiltà e sottomissione, senza pretendere di imporre a ogni costo le loro vedute” (RB 3,4).
Non limitatevi, perciò, a cercate nel testo che vi sarà presentato ciò che manca o a constatare ciò che più si addice alla vostra sensibilità.
Nemmeno verificate se sono state tenute in considerazione tutte le vostre proposte.
Condividete, piuttosto, semplicemente ciò che viene esposto, anche con alcune indicazioni nuove, che si aggiungono ai suggerimenti della assemblea sinodale e fatene soprattutto occasione favorevole di convergenza. Perché la tanto auspicata comunione deve essere visibile, molto concreta, a incominciare da ciò che è offerto per il bene di tutti.
Il libro sinodale sarà sempre e solo una guida di riferimento, ma per attuarlo concretamente è indispensabile la comunione fraterna in Cristo. Essa si manifesterà attraverso una adesione umile e convinta a ciò che il libro sinodale sottolinea.
Vi assicuro che questo testo è frutto di un paziente e attento ascolto, con scelte operative considerate attraverso un lungo discernimento.
E come l’apostolo Pietro, nella lettura dagli Atti degli Apostoli che ci è stata proposta, è intervenuto presso i presenti per dirimere le questioni dibattute nella Comunità, così, come vescovo, per il carisma proprio di “tessitore e garante della comunione”, sono stato chiamato a giudicare e ad agire secondo le mie responsabilità, dalle quali non ho potuto dispensarmi.
Con le mie indicazioni ho inteso contribuire a promuovere tutta la Comunità nella comunione e nella missione a cui Dio la chiama, nel tempo presente, in pieno rispetto di tutti e di ciascuno in particolare.
Le scelte che ho indicato sono, tuttavia, il frutto finale di una risonanza nel cuore di ciò che a lungo ho ascoltato e recepito da tanti fratelli e sorelle, dai nostri sacerdoti e da altri confratelli vescovi, sia in occasione delle assemblee sinodali, innanzitutto, ma anche attraverso colloqui o lettere a me pervenute da vari membri del popolo di Dio.
Mi auguro, quindi, che il testo che vi verrà consegnato, frutto di lunga preghiera e di riflessione, a cui hanno partecipato nella stesura varie persone, che ringrazio di cuore per il loro contributo, sia accolto con fede e con gioia da tutti voi e dalle nostre Comunità, così che mediante la comunione fraterna si sviluppi una fiducia reciproca e la nostra Chiesa possa presentarsi quale spazio radioso di fraternità e di pace.
Oscar Card. Cantoni