Cammino sinodale delle Chiese in Italia
Restituzione diocesana della fase sapienziale
La fase sapienziale del cammino sinodale delle Chiese in Italia ha coinciso per la diocesi di Como con la conclusione del Sinodo “Testimoni e annunciatori della Misericordia di Dio”, (maggio 2022) la pubblicazione del Libro sinodale “Testimoni della Misericordia” (novembre 2022) e con l’indizione della visita pastorale post-sinodale ai Vicariati (agosto 2023). La relazione che segue tiene conto di tale contesto e declina quanto è emerso e sta emergendo con l’esperienza nazionale e quella universale.
1 – Il cammino sinodale diocesano sta oggi svolgendosi nelle visite pastorali ai 26 Vicariati che sono state annunciate e presentate dal Vescovo con la lettera di indizione “Va’ dai miei fratelli e dì’ loro” (31 agosto 2023) dove risuona il richiamo alla “conversazione nello Spirito”. Ad oggi si sono svolte cinque visite pastorali, il cammino proseguirà nell’anno corrente e nel 2025. La “conversazione nello Spirito” viene presentata dall’équipe sinodale: occorreranno tempo e fiducia perché diventi stile e processo di crescita della Chiesa sinodale.
Il 31 agosto 2023 in occasione della festa di Sant’Abbondio, patrono della diocesi, il nostro vescovo Card. Oscar Cantoni ha reso nota la lettera di indizione della visita pastorale. La novità di questa visita pastorale sta nell’essere affidata al singolo Vicariato per la preparazione, l’attuazione, la continuità e la verifica alla luce degli orientamenti pastorali che sono nel Libro sinodale “Testimoni di Misericordia” (9 novembre 2022).
La Chiesa di Como ha vissuto il Sinodo tra il 2017 e il 2022 restituendo il Libro sinodale “Testimoni di Misericordia” che sottolinea tre punti fondamentali che saranno di riferimento per il futuro: la missionarietà, la sinodalità e la ministerialità. Gli orientamenti pastorali contenuti nel libro sinodale tracciano un cammino per il futuro della Chiesa di Como avviando nuovi processi. Comparando i temi emersi nel Libro sinodale della diocesi di Como e le cinque tematiche proposte dal sinodo nazionale si trovano molte assonanze e convergenze. Il Vescovo ha chiesto alle comunità di prepararsi alla visita pastorale e di viverla con lo stile della “conversazione nello Spirito”. Ha indicato come tema di discernimento “la sinodalità e la corresponsabilità” considerato che gli altri quattro temi sono rilanciati nel Libro sinodale.
La visita pastorale ad oggi ha coinvolto cinque vicariati differenti per territorio, conformazione e storia, ognuno con proprie caratteristiche, problematiche e speranze. Tema prioritario della visita pastorale è quello del dialogo intergenerazionale con la presenza corresponsabile dei giovani nelle comunità.
2 – La “conversazione nello Spirito”, metodo, stile e processo incomincia a essere sperimentata dai Consigli pastorali a partire da quello diocesano e dalle assemblee vicariali: si colgono fatiche e difficoltà ma anche significative aperture e volontà di aprire processi profetici: il cammino sinodale è un cammino guidato dallo Spirito Santo.
La presentazione della “Conversazione nello Spirito” da parte dell’équipe sinodale diocesana nel corso delle prime visite pastorali ai Vicariati (iniziate a gennaio 2024 e che continueranno nel 2025) ha ricevuto reazioni positive con sperimentazioni di corresponsabilità nella preparazione delle visite pastorali e anche in alcune assemblee. Si sta prendendo atto sul territorio che la “Conversazione nello Spirito” consente la messa in atto di una esperienza di Chiesa attrattiva e corresponsabilizzante con un protagonismo attivo dei partecipanti ai diversi tavoli di ascolto, discernimento e scelta. Restano i problemi dei tempi, non sempre compatibili con la frenesia della vita di oggi, della messa in comune delle esperienze dei diversi tavoli, che non è una semplice sintesi ma una condivisione, pensata e pregata insieme, di scelte profetiche e di percorsi missionari
A fronte di esperienze positive ci sono esperienze più tiepide, che non hanno forse colto la portata dello stile e del metodo e non hanno ancora messo in atto l’esperienza. Si tratterà di intensificare l’accompagnamento della fase iniziale di preti, laici e consacrati perché siano sempre più attori di corresponsabilità.
La “Conversazione nello Spirito” nel cammino sinodale sul territorio diocesano viene proposta come concreta opportunità agli organismi di partecipazione per giungere a quel ruolo che dovrebbero avere nella vita di una Chiesa sinodale e che raramente riescono oggi ad avere. Una opportunità dunque importante per “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo” come già in occasione del Giubileo dell’anno 2000, Giovanni Paolo II evidenziava. Ora è papa Francesco a sollecitare scelte di comunione, missione e partecipazione per rigenerare a livello personale e a livello comunitario la fede in Gesù crocifisso e risorto, per condividere le proprie domande più profonde, per discernere con criteri evangelici i percorsi da intraprendere nella Chiesa e nel Mondo per annunciare il Vangelo.
3- Il tema “La sinodalità e la corresponsabilità” è stato scelto dalla diocesi di Como tra i cinque proposti dal Cammino sinodale delle Chiese in Italia per la fase sapienziale. Le ragioni di questa scelta sono motivate dal fatto che gli altri quattro temi sono proposti nel Libro sinodale.
A partire dalla proposta di EG di papa Francesco, e dalle proposte pastorali successive, lo stile sinodale e della corresponsabilità sono il “piano trasversale” su cui immaginare e progettare il modo di essere Chiesa popolo di Dio! Ovvero, o siamo consapevoli che solo così siamo Chiesa credibile e “appetibile” o in caso contrario abbiamo poco da dire a questo tempo in cui la dimensione individualista prende sempre più spazio.
Lo stile è quello che parte dalla condivisione della vita spirituale, delle scelte pastorali co-programmate e le successive decisioni realmente condivise, della reale accettazione della vocazione battesimale di ciascuno fratello e sorella nella fede, che anticipa quella “ordinata” che rappresenta comunque un modo di vivere il proprio mandato ministeriale,
senza rappresentare un ruolo di privilegio e di potere. I due termini rimandano ad una fraternità e sororità reali e applicate all’interno degli organi decisionali, istituzionali e locali (curia e comunità diocesane). Soprattutto devono fare emergere una “vivenza” di essere Chiesa con un chiaro impegno a considerare e valorizzare ogni carisma, talento, competenza. L’obbiettivo per ciascun/a battezzato/a è sempre quello di annunciare a questo tempo e storia che davvero il Signore è risorto, soprattutto nell’incontro con gli ultimi e gli esclusi (luogo teologico della rivelazione del volto di Gesù, direbbe papa Francesco). Tutto ciò ha come obbiettivo la generazione di comunità e di una vita evangelica sempre più inclusiva, nella pratica di una misericordia davvero capace di risollevare lo sguardo delle persone. Il cambiamento è impegnativo ma non scoraggia e nel contesto della fase profetica del cammin sinodale, sta maturando sempre più la consapevolezza della sua necessità.
4 – Il ruolo dei facilitatori nell’esperienza del Sinodo diocesano e nel cammino che continua: una risorsa che si rimette in gioco nei vicariati dove altri facilitatori si preparano ad accompagnare la comunità e in particolare gli organismi di partecipazione a crescere nella sinodalità e nella corresponsabilità. Cresce l’esigenza di promuovere la formazione di laici e laiche per un servizio “pedagogico” che è irrinunciabile nelle fasi sinodali iniziali.
L’esperienza dei facilitatori dei gruppi territoriali nel corso del Sinodo diocesano è stata particolarmente significativa ed efficace perché ha consentito di valorizzare e mettere in campo la competenza la sensibilità ecclesiale di laici e di laiche. Questa risorsa non solo ha permesso di continuare il cammino nel tempo della pandemia ma ha rappresentato una ricchezza che si intende mettere in gioco anche nelle visite pastorali ai Vicariati che a loro volta sono incoraggiati a formare propri facilitatori per il buon esito della conversazione nello Spirito.
In questa prospettiva il servizio dei facilitatori è ritenuto prezioso per la crescita della “cultura ecclesiale” della partecipazione e della corresponsabilità. La partecipazione degli stessi facilitatori al Consiglio pastorale diocesano è un valore che dovrà progressivamente trovare una propria identità di servizio per l’attuazione degli orientamenti pastorali indicati dal Vescovo nel Libro sinodale e quindi alla realizzazione della fase profetica del cammino sinodale. Di particolare importanza appare l’avvio di una attività di formazione dei facilitatori, chiamati a sostenere, valorizzare, incentivare le diverse esperienze di conversazione nello Spirito in atto o in avvio nei Vicariati a seguito della Visita pastorale. La valorizzazione dei facilitatori nel cammino in corso porta inoltre a motivare gli oltre 200 sinodali per un impegno e per un servizio nei rispettivi Vicariati di appartenenza contribuendo alla condivisione della consapevolezza che il Sinodo è un cammino che continua e non un evento che giunto a scadenza si considera concluso. In questo senso il Vescovo ha definito le visite pastorali ai Vicariati “un tempo di grazia”.
5 – Nel cammino sinodale si tiene conto di ciò che di positivo esiste per aprire nuovi percorsi per rispondere alle domande che vengono oggi dal territorio con il desiderio di confrontarsi con realtà civili, economiche, culturali sensibili alla ricerca e alla costruzione del bene comune. Le pratiche e le opere segno diventano espressioni della scelta di stare ai crocicchi delle strade.
La diocesi di Como si estende su un territorio molto vasto che racchiude realtà diversissime (si va dai piccoli paesi alla città di Como al confine con la Svizzera). A livello diocesano e di comunità territoriali sono in atto diversi progetti rivolti agli ultimi che coinvolgono anche molti volontari spesso lontani dalla Chiesa, un esempio è casa Nazareth a Como, mensa di solidarietà, dove quotidianamente vengono distribuiti pasti. Il tema di riutilizzare le case parrocchiali o di proprietà della chiesa per creare punti di riferimento per persone bisognose o che si stanno integrando nelle nostre realtà è un argomento che in diversi vicariati consente di progettare con la Caritas diocesana dei microprogetti mirati ai bisogni locali. Dal 2021 il “Fondo diocesano di solidarietà famiglia-lavoro in memoria di don Renato Lanzetti (Vicario generale) e di tutte le vittime del Covid” – e successivamente il Progetto Betlemme per l’accoglienza diffusa nelle comunità parrocchiali sono sorte e operano per sostenere persone e famiglie in difficoltà ma per stimolare nella comunità cristiana attraverso le opere la crescita della sensibilità sociale e dell’impegno per il bene comune.
Queste sono solo alcune buone pratiche, sorte nel tempo del Sinodo e che si aggiungono a altre già esistenti: si calano nei bisogni della collettività, sono organizzati e sostenuti dalla Caritas diocesana, dalla pastorale sociale diocesana, dalle comunità parrocchiali e dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali (Cdal).
Occorre aggiungere che sul piano culturale ed educativo esistono buone pratiche promosse da diverse aggregazioni laicali che stanno concentrando la loro proposta sul dialogo scienza e fede (es. intelligenza artificiale), sul rapporto uomo e ambiente, sul contributo dei cattolici alla vita sociale e politica (elezioni europee e imminente Settimana sociale), sul dialogo tra credenti di diverse confessioni cristiane e di altre religioni.
È considerata buona prassi anche la mostra “Sui loro passi” che attraverso la narrazione di storie di santi, beati e testimoni della fede in diocesi di Como intende essere attraverso la memoria una proposta educativa e formativa.
6 – Giovani: l’importanza e l’urgenza di cogliere le domande che vengono dai loro pensieri e dalle loro esperienze sono ben presenti nella comunità cristiana così come la necessità di ravvivare il dialogo intergenerazionale perché sia generativo di relazioni e di percorsi comuni. La presenza di molteplici realtà giovanili lontane dalle parrocchie (oratori) pone la domanda sul tema della libertà in riferimento all’appartenenza ecclesiale.
È necessario un doppio percorso di aggiornamento del nostro stile comunicativo: da un lato accogliere le istanze che provengono dai vissuti dei giovani, nel contesto culturale e sociale in cui si trovano, dall’altro occorre però non rinunciare ad un compito anagogico. Accogliere le domande e le richieste dei giovani non significa appiattirsi su di esse, ma operare un discernimento orientato alla crescita e alla formazione dei giovani e all’arricchimento della Chiesa grazie alle novità che sempre giungono dai giovani. Ne conseguirebbe un doppio movimento di rinnovamento “sinodale”: la comunità cristiana sarebbe chiamata a fare discernimento sull’esistente della cultura giovanile promuovendo tutti i germi di novità e i segni dei tempi dentro al contesto giovanile, dall’altro la comunità sarebbe necessitata fare discernimento su quanto del linguaggio e delle strutture attuali della Chiesa sia da mantenere o da aggiornare o riformare. Con lo stesso stile va riformato il linguaggio con cui si dialoga, si insegna, si prega. Aggiornare il linguaggio non significa assumere passivamente i linguaggi giovanili, ma fare lo sforzo di “tradurre”: accondiscendere al contesto linguistico dei giovani, senza perdere la forza delle parole cristiane; e nello stesso tempo introdurre alle parole del Vangelo la lingua dei giovani. L’appartenenza non precede la formazione e il vissuto cristiano, ma ne consegue. Il primum della appartenenza cristiana è il «venite e vedete» che Gesù rivolge per mezzo della Chiesa ad ogni giovane. Per questo motivo è importante favorire in particolare momenti esperienziali: appuntamenti e raduni, scuola di preghiera, esperienze di impegno caritativo e missionario, esperienze di vita comune. Una vera “iniziazione” e degli autentici “passaggi”, essenziali per la crescita possono svolgersi nella formazione alla vita umana e liturgica, di cui l’aspetto esperienziale è fondamentale. Occorre pertanto evidenziare delle “soglie” per lo sviluppo umano integrale dei ragazzi e dei giovani. “Educare” è “tirar fuori”: tirare fuori i giovani da alcuni avvitamenti in cui spesso sono gettati, e la Chiesa deve svolgere questo compito sapendo di non essere l’unico agente educativo, eppure nella consapevolezza di poter dare moltissimo. L’orizzonte di riferimento però non può che essere quello dell’intera comunità cristiana. I momenti dedicati soltanto ai giovani sono orientati alla piena partecipazione all’intero corpo ecclesiale: occorre educare i giovani a vivere l’essere Chiesa con tutti; occorre formare i giovani alla ministerialità da esercitare verso tutta la Chiesa; occorre introdurre i giovani alla pratica della sinodalità da vivere insieme con tutto il corpo ecclesiale.
7 – La fatica e la bellezza dello studiare e del pensare: le sfide, le attese, le domande di questo tempo di disorientamento e di paura sono palpabili, anche nella comunità cristiana. La preghiera è l’essenziale, è la preghiera a stimolare lo studio e il pensiero per leggere i segni dei tempi e offrire risposte di speranza e di fiducia, per comunicare il Vangelo. Lo studiare il pensare incominciano ad avere attenzione…
Il cammino sinodale attraversa la realtà e la storia del territorio, non si improvvisa e ogni giorno richiede un respiro spirituale per evitare l’affanno pastorale. È lo Spirito Santo a far scoprire il valore e il significato cristiani dello studio e del pensiero.
È proprio lo Spirito che stimola e sostiene una testimonianza umile e feconda che sa ascoltare le domande e parlare al cuore dell’uomo e della donna che in un tempo di incertezze e di timori sono alla ricerca di senso e – anche se il più delle volte non detto – sono alla ricerca di Dio.
Questa consapevolezza suscitata dagli interventi del Vescovo nel richiamare la comunità a riprendere in mano i documenti conciliari e ad accogliere il magistero di papa Francesco, rilancia il tema di una fede vissuta, pensata, comunicata.
Rilancia inoltre la scelta di una Chiesa missionaria anche sulle strade della cultura nelle sue molteplici espressioni. Studiare e pensare non sono un esercizio per pochi, sono un dono e una responsabilità – come li ha definiti Paolo VI al termine del Concilio – per tutti, in particolare per una comunità cristiana che vuole stare con amore nella storia. Paolo VI, convinto assertore del valore della conoscenza e della ricerca, grande esegeta e operatore di carità intellettuale, e della loro stretta relazione con una matura esperienza di fede e con l’annuncio evangelico, sia il sicuro riferimento per alcuni passi che con qualche fatica e incertezza si incominciano a compiere anche sul territorio. Sono i consigli pastorali a rendersi conto dell’importanza di percorsi culturali che si integrino con quelli pastorali e spirituali.
8 – Comunicazione: un filo sinodale irrinunciabile e da valorizzare. La prima comunicazione è quella che passa nelle relazioni interpersonali a partire da famiglia, amicizie e conoscenze. La valorizzazione degli strumenti di comunicazione (cartacei e digitali) è importante e necessaria e può avvenire solo con una “strategia” pastorale della comunicazione ricordando che il Sinodo è comunicazione.
Il cammino sinodale non può essere tale senza comunicazione. Far crescere la consapevolezza che oggi la comunicazione è oggi l’altro nome della missione, passa attraverso le relazioni interpersonali e viene sostenuta in “luoghi” cartacei e digitali sia a livello diocesano che parrocchiale o interparrocchiale. Narrare le esperienze sul territorio non è per desiderio di una visibilità mediatica ma per amore di una visibilità evangelica che trasforma i gesti in parole, in messaggi, in domande che toccano la coscienza di credenti e non credenti.
Anche di fronte agli scenari che si profilano con l’intelligenza artificiale occorre incoraggiare un atteggiamento critico ma non angosciato, pessimista o rassegnato. Il settimanale della diocesi in questo contesto esercita un ruolo informativo e formativo: anche il modo di informare porta a riflettere sulla realtà e a leggere i segni dei tempi. A sostengo e stimolo di questa linea si è formata l’Associazione Amici del Settimanale della diocesi (ASeD) che non ha solo lo scopo di sostenere il giornale ma di promuovere nella comunità cristiana una più matura coscienza sul valore della comunicazione sia essa da persona a persona sia essa mediata da strumenti antichi e nuovi. Anche i bollettini e i siti parrocchiali e interparrocchiali contribuiscono al raggiungimento di questo obiettivo e sono esperienze di corresponsabilità con il coinvolgimento dei giovani.
9 – Uffici pastorali: contatti da attivare e modalità da sperimentare perché la sinodalità e la corresponsabilità siano presenti in tutti i processi ecclesiali e si superi il rischio della frammentarietà e della competitività.
Da tempo si sta tentando di “sperimentare” lo stile sinodale anche negli organi pastorali diocesani come lo sono il CUP. Si sono fatte delle azioni sul piano della sperimentazione tra i partecipanti al momento del consiglio. Si sono tentati processi di lavoro collegiale anche tra alcuni uffici di area pastorale comune sui territori e in occasione di tempi liturgici opportuni (cfr. Avvento/Natale e Quaresima/Pasqua). Il salto qualitativo potrebbe essere attivato se si procede con la stessa logica che si propone sui territori. Ci sia una vera e profonda condivisione della vita spirituale tra i partecipanti, con forme creative che mettano al centro la condivisione della Parola. Sempre più si valorizzi il lavoro pastorale diocesano di programmazione nella logica della “pastorale integrata” per proporre ai territori una linea condivisa di modello di Chiesa. Offrirsi più spazi di condivisione, formazione, scambio di esperienze pastorali, atti a creare non solo una mentalità sinodale e corresponsabile sempre più unitaria, ma anche offrire elementi concreti che possano attivare processi di progettazione pastorale da portare unitariamente dentro i percorsi diocesani.
10 – Preti, consacrati e laici: alla corresponsabilità e alla ministerialità ci si forma e prepara nel corso dell’esperienza cristiana. Gli organismi ecclesiali di partecipazione sono luoghi e tempi per una formazione comune alla missione: alcune considerazioni conclusive alla luce dell’esperienza sinodale diocesana.
La Chiesa è casa e scuola della comunione e primariamente nella vita ecclesiale i cristiani possono apprendere ed esercitare la corresponsabilità e la ministerialità. L’affermazione della singolarità dell’esperienza cristiana, che non è assimilabile ad altre ed è spesso oggetto di cura gelosa, non dovrebbe però impedire di riconoscere che anche varie altre esperienze maturate in contesti orientati al bene comune e caratterizzati da spirito di servizio (ad esempio associazioni e movimenti, enti del Terzo Settore, ma spesso anche organismi scolastici, attività professionali, istituzioni politiche a più stretto contatto con il territorio), possono apportare sensibilità e competenze che, se valorizzate e inserite in un contesto di rispetto e maturità, possono dare vitalità anche agli organismi ecclesiali di partecipazione. Il loro funzionamento è tuttavia esposto al rischio di essere attratto e governato da logiche estranee, attinte alla vita politica o a quella aziendale. Se il riferimento alla rappresentatività democratica e alle sue regole viene superato (e inopportunamente sminuito) ribadendo la natura gerarchica della Chiesa e il carattere consultivo degli organismi ecclesiali di partecipazione, il modello aziendalistico, che sembra oggi dominare molti ambiti dell’attività umana, è più seducente: chiara definizione delle priorità, precisa pianificazione, rispetto di tempi predefiniti, verifica dei risultati e adozione di misure correttive sembrano necessarie anche per una buona vita ecclesiale.
Spesso però ne deriva una sorta di “dittatura” del calendario e dell’orologio, che non tiene conto delle esigenze intrinseche all’avvio di processi, della maturazione del consenso, della disposizione all’impegno personale, della confidenza reciproca, della disponibilità alla collaborazione aperta e generosa. La pandemia ha smentito ogni illusione di dominio sul tempo e dato prova che la realtà è superiore all’idea. Altrettanto insidiosa è l’ingenua fiducia nella spontaneità, che porta a considerare superflua ogni forma di strutturazione del processo di funzionamento di gruppi di lavoro e di disciplina nel rispetto di un metodo.
L’esperienza del sinodo diocesano ha mostrato che la presenza di facilitatori, attenti a valorizzare la presenza di tutti più che all’affermazione di sé, è indispensabile per il buon esito delle attività e il soddisfacimento delle aspettative di tutti i partecipanti. Sembra di cogliere, più che in passato, una disponibilità all’impegno – anche in incontri frequenti e prolungati – purché ci sia una chiara percezione di significatività della propria azione, prima ancora che della sua efficacia. Rispetto a queste considerazioni l’aver scelto come tema “la sinodalità e la corresponsabilità” significa esprimere la volontà di un cambiamento o, meglio, di una conversione che può avvenire solo se docili allo Spirito Santo.
Como, 24 aprile 2024
A cura dell’Équipe sinodale diocesana
con l’approvazione del Vescovo di Como Card. Oscar Cantoni